lunedì 23 luglio 2012

La fine del mondo


Finiremo tra 16,7 miliardi di anni. E’ questo il risultato dei calcoli elaborati dai fisici teorici dell’Accademia cinese delle scienze e pubblicati sulla rivista Science China. Secondo gli scienziati si trattera’ di un lento, graduale e inesorabile ‘strappo’ provocato dall’energia oscura, ossia la forma ancora misteriosa di energia che costituisce il motore dell’espansione dell’universo e che lo occupa per il 70%. L’energia oscura condurrà l’Universo ad espandersi fino a provocare ‘strappi’ che lo ridurranno in brandelli. Lo studio ha stimato i tempi di una delle piu’ importanti ipotesi sul destino finale dell’Universo proposta nel 2003, la teoria del ‘Big Rip’ o grande strappo. Secondo la ‘cronologia’ del fenomeno dovuto all’espansione accelerata dell’Universo, a sua volta causata dalla presenza dell’energia oscura, lo smembramento della Via Lattea avverra’ 32,9 milioni di anni prima della ‘fine’, e la dissoluzione del nostro pianeta appena 16 minuti prima della morte dell’Universo.  Source_ meteoweb.eu

sabato 21 luglio 2012

I pesi...intermedi


Un modello informatico, elaborato da un gruppo di ricercatori statunitensi, mostra come possano fermarsi i buchi neri di media dimensione, cosa che finora gli astronomi fanno fatica a spiegare. La ricerca spiega come questi oggetti, con masse comprese tra qualche centinaio e qualche migliaio di masse solari, crescano nei dischi di gas intorno ai buchi neri supermassicci al centro delle galassie. Il meccanismo fisico è simile a quello dei modelli che descrivono la crescita dei pianeti giganti come Giove e Saturno nei dischi di gas che circondano le stelle.
“Sappiamo di piccoli buchi neri, che tendono ad essere vicino a noi ed hanno masse 10 volte quella del nostro Sole. E sappiamo di buchi neri supermassicci con una massa che va da milioni a miliardi di volte quella del sole “, ha detto il coautore Saavik Ford, ricercatore associato del Dipartimento del Museo di Astrofisica di New York e professore della City University of New York (CUNY). “Ma i buchi neri di massa intermedia sono molto più difficili da trovare.”
Questi oggetti nascono con la morte di una stella e crescono scontrandosi con altre stelle vive e morte, di cui consumano la materia. Diversamente dai precedenti modelli, questo studio si concentra sui nuclei galattici attivi, e non sugli ammassi stellari, come “terreno di coltura” dei buchi neri. Nei nuclei galattici attivi c’è molto gas, che rallenta il movimento delle stelle e rende più probabili le collisioni del buco nero appena formato con esse.
“In un ammasso di stelle dove gli oggetti si muovono molto velocemente e in cui non c’è gas, diminuisce notevolmente la possibilità di una collisione”, spiega Barry McKernan, ricercatore associato del Dipartimento del Museo di Astrofisica di New York e professore del CUNY. “Si può pensare alle stelle come a delle automobili che viaggiano a 10 corsie,” ha detto McKernan. “Se non ci fosse gas, le auto andrebbero a velocità molto diverse e soprattutto rimarrebbero nelle loro corsie, rendendo minori le probabilità di collisione. Quando si aggiunge gas, le auto acquistano velocità, si spostano in altre corsie e ciò aumenta la possibilità di scontrarsi”.
Le collisioni risultanti permettono ad un buco nero di inghiottire le stelle e di crescere. Le dimensioni e la spinta gravitazionale di questo oggetto aumentano in corrispondenza della sua massa, incrementando la possibilità di collisioni successive. Questo fenomeno, chiamato “la crescita galoppante”, può portare alla creazione di un buco nero di massa intermedia.
Nel processo di crescita, i buchi neri iniziano ad alterare il disco di gas dove, come i ricercatori hanno dimostrato, possono creare un vuoto. Questo vuoto sarebbe una sorta di firma che potrebbe facilitare la ricerca di buchi neri di massa intermedia.

venerdì 20 luglio 2012

43° anniversario dello sbarco sulla Luna


Sono le 22,17 del 20 luglio 1969 quando l’astronauta americano Neil Armstrong compie il fatidico passo con il quale lascia il modulo spaziale ‘Eagle’ e mette piede sulla Luna. La missione ripaga gli Stati Uniti dei primi insuccessi nella corsa alla spazio che, con lo Sputnik e con Gagarin, avevano visto la prevalenza dei sovietici.

Tutta la storia dello sbarco

domenica 15 luglio 2012

Esser ripagati

Giove e la Luna ci hanno ripagato quelle ore restati svegli ad osservare. Per fortuna si è trattato di una Domenica mattina, per cui molti spettatori erano ancora in piedi dopo aver trascorso la serata. Come previsto il pianeta è scomparso dietro il luminoso bordo lunare all’orario stabilito, preceduto dai suoi satelliti, Europa ed Io e seguito da Ganimede e Callisto. Nel corso del suo moto orbitale intorno alla Terra, che si completa in poco meno di un mese, il nostro satellite naturale si è trovato perfettamente allineato tra noi e il più grande dei pianeti del Sistema Solare, nascondendolo alla vista per poco meno di un’ora, dalle 3,20 del mattino circa fino alle 4,15. Spettacolare. Alla fine dell’occultazione, già si vedevano le prime luci dell’alba rendendo spettacolo quello che era già meraviglioso. Venere, Luna e Giove allineati erano uno spettacolo. Il fenomeno ha avuto infatti una coreografia mozzafiato, con in alto le scintillanti Pleiadi, più in basso Aldebaran, la stella più luminosa del Toro, e infine la luminosa Venere, il pianeta più brillante del Sistema Solare.

sabato 14 luglio 2012

Finalmente

Cari amici appassionati, finalmente il momento è arrivato! 'Sta notte per le 3 Giove verrà occultato dalla Luna! Sarà visibile in TUTTA Italia, come scritto nel post ''Occultazione di Giove".  Dopo aver osservato il fenomeno che ci farà fare nottata, saranno osservabili le Sette sorelle, o meglio l'ammasso delle Pleiadi.

Amici, io metto la sveglia!

venerdì 13 luglio 2012

Ricerca di acqua nei pianeti extrasolari


A causa dell'elevato numero dei pianeti extrasolari, gli astronomi si concentrano sulla parte che risulterebbe abitabile. Si tratta dell’area in cui i pianeti potrebbero ospitare acqua allo stato liquido, e quindi ospitare forme di vita. Si cerca di trovare alcuni metodi di rilevamento delle acque, tra cui quello di rilevare uno specchio d’acqua attraverso il riflesso luminoso della luce. Gli astronomi ipotizzano che un eventuale oceano in superficie influisca sul potere riflettente del pianeta, noto come effetto albedo; questo aumento di albedo dovrebbe essere rilevabile durante la fase crescente di un pianeta. In questo modello, gli astronomi non hanno la necessità di osservare l’intero disco, ma anche soltanto una piccola porzione. Lo studio è condotto da un team di scienziati guidati da Nicolas Cowan della Northwestern University, il quale sottolinea l’importanza di un metodo affidabile per rilevare gli oceani su pianeti extrasolari. Pianeti che hanno una modesta inclinazione ricevono meno luce ai loro poli che all’equatore. I livelli bassi di luce si tradurrebbero in temperature più fredde, permettendo a neve e ghiaccio di accumularsi ai poli.
La squadra dimostra che durante le fasi, un pianeta inclinato sembra riflettere più luce da latitudini più elevate (come i poli) rispetto a quando il pianeta è in una fase gibbosa. Poiché neve e ghiaccio sono così riflettenti, la riflettività apparente di un pianeta sembra aumentare se si osserva in una fase di mezzaluna. Cowan e il suo team sostengono che questa “latitudine-effetto albedo” possa essere scambiata per il riflesso degli oceani su pianeti extrasolari. Nel loro documento, il team delinea tre possibili metodi per rilevare acqua liquida sulla superficie di un pianeta extrasolare. Il primo metodo, chiamato “variabilità di colore rotazionale,” si basa sul fatto che gli oceani sono più scuri e hanno colori diversi dalla superficie composta da terre emerse. Nel corso del tempo, le variazioni di colore di un pianeta possono tradire la presenza di oceani di acqua liquida. Il secondo metodo si basa sull’allineamento delle onde di luce riflessa (polarizzazione). Gli oceani sono più agevoli rispetto ad altri tipi di superfici e possono allineare le onde luminose che riflettono dalla superficie dell’acqua, in modo da polarizzare la luce riflessa. Osservazioni di luce cinerea polarizzata, infatti, suggeriscono che le variazioni di polarizzazione possono aiutare gli astronomi a rilevare gli oceani. Il terzo infine, afferma che gli oceani sono in grado di riflettere la luce in un modo simile a uno specchio, soprattutto durante le fasi, per cui prende il nome di speculare. 

giovedì 12 luglio 2012


Nella giornata di oggi è stata avvistata una ''possibile'' meteora nei cieli delle Marche. Questi giochi di luce non hanno nulla a che vedere con le stelle. Si tratta di corpi rocciosi o metallici che possono variare dalle dimensioni di un granello di sabbia ad un grande sasso, che entrano nella nostra atmosfera a velocità comprese generalmente tra 11 e 73 Km/s, dove cominciano a bruciare per attrito con le molecole dei gas atmosferici, lasciando una scia bellissima di luce nel cielo che prende il nome di meteora. Sostanzialmente è il fenomeno delle stelle cadenti, che spesso osserviamo nei periodi favorevoli. In origine questi corpi viaggiano intorno al Sole, sino a quando la Terra li attrae grazie alla sua attrazione gravitazionale. L’energia cinetica posseduta da questi corpi è enorme, tanto che anche un oggetto di piccole dimensioni distruggerebbe un eventuale bersaglio lungo la sua traiettoria. Quasi tutti i meteoroidi, anche quelli più grandi, tendono ad essere disintegrati completamente prima di raggiungere il suolo e per nostra fortuna al crescere della loro massa il numero diminuisce. Nel caso in cui questo non dovesse avvenire, allora parleremmo di meteorite, ossia il residuo solido recuperato al suolo. Ogni giorno sulla Terra piovono circa 3000 tonnellate di meteoroidi, che fortunatamente viste le loro dimensioni, non raggiungono il suolo. Soltanto 1 su 100 tra quelli di magnitudine molto alta infatti, riescono ad eludere la difesa della nostra atmosfera. Questi corpi rocciosi solitamente si originano da impatti tra asteroidi o da comete disgregate dal Sole. Esistono come ben sappiamo, periodi in cui il numero delle meteore visibili aumenta notevolmente e dove le tracce di luce sembrano provenire tutte da un unico punto del cielo. Si tratta dei famosi sciami meteorici, attraversati dal nostro pianeta periodicamente. Per maggiori informazioni_ Meteoweb-Avvistato meteoride

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Un mondo lontano




La scoperta di Hubble (ormai lo possiamo chiamare anche solo per nome) del quinto satellite naturale di Plutone. Negli ultimi decenni nell'università del Colorado hanno identificato le calotte polari del pianeta nano, così come un alto albedo e le nuove lune nella sua orbita. Indagini approfondite si sono rivelate sempre estremamente difficili da circa 3 miliardi di chilometri di distanza, tant’è vero che le migliori immagini che abbiamo del mondo ghiacciato, provengono dal telescopio spaziale Hubble, che ad un occhio esperto, appaiono prive di particolari fondamentali. Plutone rimarrà probabilmente sconosciuto sino all’arrivo della sonda New Horizons della NASA nel Luglio 2015. Ma quali segreti potrebbe nascondere il pianeta nano ai confini del nostro Sistema Solare? Per prima cosa si è ipotizzato che il pianeta possa essere circondato da anelli che vanno e vengono nel tempo. Le rocce spaziali e i detriti della fascia di Kuiper, dove risiede, potrebbero essere i responsabili di tale fenomeno. Successivamente, le radiazioni e la gravità esaurirebbero periodicamente gli anelli attraverso l’erosione. I modelli computerizzati creati dai ricercatori, suggeriscono che si erodano prima di formarne dei nuovi. Il pianeta sembra essere ricco di un’atmosfera composta di azoto, anche se nessuno conosce come possa essere la sua superficie. La geochimica potrebbe anche pensare che vi esista un gigantesco oceano sotterraneo, con gyser o criovulcani (vulcani ghiacciati). Naturalmente saranno necessari più dati per chiarire cosa accade in questo gelido mondo della fascia di Kuiper. Considerando i quesiti ai quali ancora non è possibile dare risposta, la scoperta del suo ultimo satellite non rimarrà a lungo come l’ultima delle sorprese. All’arrivo della sonda, lanciata nel 2006, si osserverà un mondo completamente nuovo.

mercoledì 11 luglio 2012

Un asteroide intitolato a Higgs

Il fisico inglese Peter Higgs che ha teorizzato il bosone scoperto al Cern ha anche un asteroide che porta il suo nome. Fu scoperto nel 1997 da un astronomo amatoriale italiano, Silvano Casulli, che aveva proposto di chiamarlo così in previsione dell’annuncio della sua scoperta al Cern. Fino alla scorsa primavera, rende noto l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), l’asteroide non aveva un nome, ma soltanto la sigla 29470. Lo scorso 6 aprile il Minor Planet Center dell’Unione Astronomica Internazionale aveva accettato la proposta dello stesso Casulli di dedicare questo asteroide a Higgs. Se per i fisici sono ancora necessari altri dati per confermare pienamente l'ipotesi di Higgs, quelli disponibili erano già sufficienti per ''affidargli'' un “proprio” asteroide. Una notizia che lo stesso Casulli ha comunicato a Higgs la scorsa primavera. L’asteroide Higgs orbita intorno al Sole alla distanza media di circa 2.5 Unità Astronomiche, nella cosiddetta “fascia principale“. Non si conosce ancora il periodo di rotazione, ma Casulli tenterà di calcolarlo nel settembre del 2013.



Fonte: www.meteoweb.eu

martedì 10 luglio 2012

Remota collisione galattica


Gli astronomi hanno scoperto che le stelle a nord e a sud del piano mediano della nostra galassia sono distribuite in modo diverso, suggerendo l’influenza di qualche evento recente. La nostra galassia sta ancora suonando come una campana da una collisione galattica, un incidente che forse si è verificato negli ultimi 100 milioni di anni. La spiegazione più probabile è che una piccola galassia satellite o un grumo di materia oscura, abbia attraversato la Via Lattea, lasciandosi alle spalle gli echi che vediamo. “La nostra parte della Via Lattea suona come una campana,” dice in un comunicato Brian Yanny, del Fermi National Accelerator Laboratory (Fermilab) di Batavia, Illinois. “Non siamo stati in grado di identificare l’oggetto celeste che ha causato questo evento. Avrebbe potuto essere una delle piccole galassie satelliti che si muovono attorno al centro della nostra galassia, o una struttura invisibile, come un alone di materia oscura.” L’onda è stata scoperta grazie ai dati della Sloan Digital Sky Survey, che ha osservato circa 300.000 stelle della nostra galassia. “Abbiamo trovato la prova che la nostra Via Lattea ha avuto un incontro/scontro con una galassia di piccole dimensioni o una massiccia struttura di materia oscura, forse non più tardi di 100 milioni di anni fa“, ha detto Larry Widrow, professore presso la Queen’s University in Canada. “Abbiamo chiaramente osservato le differenze inattese nella distribuzione stellare della Via Lattea sopra e sotto il piano mediano della Galassia che ha l’aspetto di un’onda verticale – qualcosa che nessuno ha mai visto prima.” Circa 60 “galassie nane” sono state scoperte in orbita intorno alla Via Lattea. La teoria suggerisce che molti satelliti invisibili di materia oscura orbitano intorno alla nostra galassia, anche se questi sarebbero solo rilevabili dalla loro forza gravitazionale. E’ probabile che uno di questi abbia sbattuto nella Via Lattea, ma non è certo. “La perturbazione non deve essere stata causata da un singolo evento isolato, in passato, e può anche essere ancora in corso“, ha detto Susan Gardner dell’Università del Kentucky.