lunedì 23 luglio 2012

La fine del mondo


Finiremo tra 16,7 miliardi di anni. E’ questo il risultato dei calcoli elaborati dai fisici teorici dell’Accademia cinese delle scienze e pubblicati sulla rivista Science China. Secondo gli scienziati si trattera’ di un lento, graduale e inesorabile ‘strappo’ provocato dall’energia oscura, ossia la forma ancora misteriosa di energia che costituisce il motore dell’espansione dell’universo e che lo occupa per il 70%. L’energia oscura condurrà l’Universo ad espandersi fino a provocare ‘strappi’ che lo ridurranno in brandelli. Lo studio ha stimato i tempi di una delle piu’ importanti ipotesi sul destino finale dell’Universo proposta nel 2003, la teoria del ‘Big Rip’ o grande strappo. Secondo la ‘cronologia’ del fenomeno dovuto all’espansione accelerata dell’Universo, a sua volta causata dalla presenza dell’energia oscura, lo smembramento della Via Lattea avverra’ 32,9 milioni di anni prima della ‘fine’, e la dissoluzione del nostro pianeta appena 16 minuti prima della morte dell’Universo.  Source_ meteoweb.eu

sabato 21 luglio 2012

I pesi...intermedi


Un modello informatico, elaborato da un gruppo di ricercatori statunitensi, mostra come possano fermarsi i buchi neri di media dimensione, cosa che finora gli astronomi fanno fatica a spiegare. La ricerca spiega come questi oggetti, con masse comprese tra qualche centinaio e qualche migliaio di masse solari, crescano nei dischi di gas intorno ai buchi neri supermassicci al centro delle galassie. Il meccanismo fisico è simile a quello dei modelli che descrivono la crescita dei pianeti giganti come Giove e Saturno nei dischi di gas che circondano le stelle.
“Sappiamo di piccoli buchi neri, che tendono ad essere vicino a noi ed hanno masse 10 volte quella del nostro Sole. E sappiamo di buchi neri supermassicci con una massa che va da milioni a miliardi di volte quella del sole “, ha detto il coautore Saavik Ford, ricercatore associato del Dipartimento del Museo di Astrofisica di New York e professore della City University of New York (CUNY). “Ma i buchi neri di massa intermedia sono molto più difficili da trovare.”
Questi oggetti nascono con la morte di una stella e crescono scontrandosi con altre stelle vive e morte, di cui consumano la materia. Diversamente dai precedenti modelli, questo studio si concentra sui nuclei galattici attivi, e non sugli ammassi stellari, come “terreno di coltura” dei buchi neri. Nei nuclei galattici attivi c’è molto gas, che rallenta il movimento delle stelle e rende più probabili le collisioni del buco nero appena formato con esse.
“In un ammasso di stelle dove gli oggetti si muovono molto velocemente e in cui non c’è gas, diminuisce notevolmente la possibilità di una collisione”, spiega Barry McKernan, ricercatore associato del Dipartimento del Museo di Astrofisica di New York e professore del CUNY. “Si può pensare alle stelle come a delle automobili che viaggiano a 10 corsie,” ha detto McKernan. “Se non ci fosse gas, le auto andrebbero a velocità molto diverse e soprattutto rimarrebbero nelle loro corsie, rendendo minori le probabilità di collisione. Quando si aggiunge gas, le auto acquistano velocità, si spostano in altre corsie e ciò aumenta la possibilità di scontrarsi”.
Le collisioni risultanti permettono ad un buco nero di inghiottire le stelle e di crescere. Le dimensioni e la spinta gravitazionale di questo oggetto aumentano in corrispondenza della sua massa, incrementando la possibilità di collisioni successive. Questo fenomeno, chiamato “la crescita galoppante”, può portare alla creazione di un buco nero di massa intermedia.
Nel processo di crescita, i buchi neri iniziano ad alterare il disco di gas dove, come i ricercatori hanno dimostrato, possono creare un vuoto. Questo vuoto sarebbe una sorta di firma che potrebbe facilitare la ricerca di buchi neri di massa intermedia.

venerdì 20 luglio 2012

43° anniversario dello sbarco sulla Luna


Sono le 22,17 del 20 luglio 1969 quando l’astronauta americano Neil Armstrong compie il fatidico passo con il quale lascia il modulo spaziale ‘Eagle’ e mette piede sulla Luna. La missione ripaga gli Stati Uniti dei primi insuccessi nella corsa alla spazio che, con lo Sputnik e con Gagarin, avevano visto la prevalenza dei sovietici.

Tutta la storia dello sbarco

domenica 15 luglio 2012

Esser ripagati

Giove e la Luna ci hanno ripagato quelle ore restati svegli ad osservare. Per fortuna si è trattato di una Domenica mattina, per cui molti spettatori erano ancora in piedi dopo aver trascorso la serata. Come previsto il pianeta è scomparso dietro il luminoso bordo lunare all’orario stabilito, preceduto dai suoi satelliti, Europa ed Io e seguito da Ganimede e Callisto. Nel corso del suo moto orbitale intorno alla Terra, che si completa in poco meno di un mese, il nostro satellite naturale si è trovato perfettamente allineato tra noi e il più grande dei pianeti del Sistema Solare, nascondendolo alla vista per poco meno di un’ora, dalle 3,20 del mattino circa fino alle 4,15. Spettacolare. Alla fine dell’occultazione, già si vedevano le prime luci dell’alba rendendo spettacolo quello che era già meraviglioso. Venere, Luna e Giove allineati erano uno spettacolo. Il fenomeno ha avuto infatti una coreografia mozzafiato, con in alto le scintillanti Pleiadi, più in basso Aldebaran, la stella più luminosa del Toro, e infine la luminosa Venere, il pianeta più brillante del Sistema Solare.

sabato 14 luglio 2012

Finalmente

Cari amici appassionati, finalmente il momento è arrivato! 'Sta notte per le 3 Giove verrà occultato dalla Luna! Sarà visibile in TUTTA Italia, come scritto nel post ''Occultazione di Giove".  Dopo aver osservato il fenomeno che ci farà fare nottata, saranno osservabili le Sette sorelle, o meglio l'ammasso delle Pleiadi.

Amici, io metto la sveglia!

venerdì 13 luglio 2012

Ricerca di acqua nei pianeti extrasolari


A causa dell'elevato numero dei pianeti extrasolari, gli astronomi si concentrano sulla parte che risulterebbe abitabile. Si tratta dell’area in cui i pianeti potrebbero ospitare acqua allo stato liquido, e quindi ospitare forme di vita. Si cerca di trovare alcuni metodi di rilevamento delle acque, tra cui quello di rilevare uno specchio d’acqua attraverso il riflesso luminoso della luce. Gli astronomi ipotizzano che un eventuale oceano in superficie influisca sul potere riflettente del pianeta, noto come effetto albedo; questo aumento di albedo dovrebbe essere rilevabile durante la fase crescente di un pianeta. In questo modello, gli astronomi non hanno la necessità di osservare l’intero disco, ma anche soltanto una piccola porzione. Lo studio è condotto da un team di scienziati guidati da Nicolas Cowan della Northwestern University, il quale sottolinea l’importanza di un metodo affidabile per rilevare gli oceani su pianeti extrasolari. Pianeti che hanno una modesta inclinazione ricevono meno luce ai loro poli che all’equatore. I livelli bassi di luce si tradurrebbero in temperature più fredde, permettendo a neve e ghiaccio di accumularsi ai poli.
La squadra dimostra che durante le fasi, un pianeta inclinato sembra riflettere più luce da latitudini più elevate (come i poli) rispetto a quando il pianeta è in una fase gibbosa. Poiché neve e ghiaccio sono così riflettenti, la riflettività apparente di un pianeta sembra aumentare se si osserva in una fase di mezzaluna. Cowan e il suo team sostengono che questa “latitudine-effetto albedo” possa essere scambiata per il riflesso degli oceani su pianeti extrasolari. Nel loro documento, il team delinea tre possibili metodi per rilevare acqua liquida sulla superficie di un pianeta extrasolare. Il primo metodo, chiamato “variabilità di colore rotazionale,” si basa sul fatto che gli oceani sono più scuri e hanno colori diversi dalla superficie composta da terre emerse. Nel corso del tempo, le variazioni di colore di un pianeta possono tradire la presenza di oceani di acqua liquida. Il secondo metodo si basa sull’allineamento delle onde di luce riflessa (polarizzazione). Gli oceani sono più agevoli rispetto ad altri tipi di superfici e possono allineare le onde luminose che riflettono dalla superficie dell’acqua, in modo da polarizzare la luce riflessa. Osservazioni di luce cinerea polarizzata, infatti, suggeriscono che le variazioni di polarizzazione possono aiutare gli astronomi a rilevare gli oceani. Il terzo infine, afferma che gli oceani sono in grado di riflettere la luce in un modo simile a uno specchio, soprattutto durante le fasi, per cui prende il nome di speculare. 

giovedì 12 luglio 2012


Nella giornata di oggi è stata avvistata una ''possibile'' meteora nei cieli delle Marche. Questi giochi di luce non hanno nulla a che vedere con le stelle. Si tratta di corpi rocciosi o metallici che possono variare dalle dimensioni di un granello di sabbia ad un grande sasso, che entrano nella nostra atmosfera a velocità comprese generalmente tra 11 e 73 Km/s, dove cominciano a bruciare per attrito con le molecole dei gas atmosferici, lasciando una scia bellissima di luce nel cielo che prende il nome di meteora. Sostanzialmente è il fenomeno delle stelle cadenti, che spesso osserviamo nei periodi favorevoli. In origine questi corpi viaggiano intorno al Sole, sino a quando la Terra li attrae grazie alla sua attrazione gravitazionale. L’energia cinetica posseduta da questi corpi è enorme, tanto che anche un oggetto di piccole dimensioni distruggerebbe un eventuale bersaglio lungo la sua traiettoria. Quasi tutti i meteoroidi, anche quelli più grandi, tendono ad essere disintegrati completamente prima di raggiungere il suolo e per nostra fortuna al crescere della loro massa il numero diminuisce. Nel caso in cui questo non dovesse avvenire, allora parleremmo di meteorite, ossia il residuo solido recuperato al suolo. Ogni giorno sulla Terra piovono circa 3000 tonnellate di meteoroidi, che fortunatamente viste le loro dimensioni, non raggiungono il suolo. Soltanto 1 su 100 tra quelli di magnitudine molto alta infatti, riescono ad eludere la difesa della nostra atmosfera. Questi corpi rocciosi solitamente si originano da impatti tra asteroidi o da comete disgregate dal Sole. Esistono come ben sappiamo, periodi in cui il numero delle meteore visibili aumenta notevolmente e dove le tracce di luce sembrano provenire tutte da un unico punto del cielo. Si tratta dei famosi sciami meteorici, attraversati dal nostro pianeta periodicamente. Per maggiori informazioni_ Meteoweb-Avvistato meteoride

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Un mondo lontano




La scoperta di Hubble (ormai lo possiamo chiamare anche solo per nome) del quinto satellite naturale di Plutone. Negli ultimi decenni nell'università del Colorado hanno identificato le calotte polari del pianeta nano, così come un alto albedo e le nuove lune nella sua orbita. Indagini approfondite si sono rivelate sempre estremamente difficili da circa 3 miliardi di chilometri di distanza, tant’è vero che le migliori immagini che abbiamo del mondo ghiacciato, provengono dal telescopio spaziale Hubble, che ad un occhio esperto, appaiono prive di particolari fondamentali. Plutone rimarrà probabilmente sconosciuto sino all’arrivo della sonda New Horizons della NASA nel Luglio 2015. Ma quali segreti potrebbe nascondere il pianeta nano ai confini del nostro Sistema Solare? Per prima cosa si è ipotizzato che il pianeta possa essere circondato da anelli che vanno e vengono nel tempo. Le rocce spaziali e i detriti della fascia di Kuiper, dove risiede, potrebbero essere i responsabili di tale fenomeno. Successivamente, le radiazioni e la gravità esaurirebbero periodicamente gli anelli attraverso l’erosione. I modelli computerizzati creati dai ricercatori, suggeriscono che si erodano prima di formarne dei nuovi. Il pianeta sembra essere ricco di un’atmosfera composta di azoto, anche se nessuno conosce come possa essere la sua superficie. La geochimica potrebbe anche pensare che vi esista un gigantesco oceano sotterraneo, con gyser o criovulcani (vulcani ghiacciati). Naturalmente saranno necessari più dati per chiarire cosa accade in questo gelido mondo della fascia di Kuiper. Considerando i quesiti ai quali ancora non è possibile dare risposta, la scoperta del suo ultimo satellite non rimarrà a lungo come l’ultima delle sorprese. All’arrivo della sonda, lanciata nel 2006, si osserverà un mondo completamente nuovo.

mercoledì 11 luglio 2012

Un asteroide intitolato a Higgs

Il fisico inglese Peter Higgs che ha teorizzato il bosone scoperto al Cern ha anche un asteroide che porta il suo nome. Fu scoperto nel 1997 da un astronomo amatoriale italiano, Silvano Casulli, che aveva proposto di chiamarlo così in previsione dell’annuncio della sua scoperta al Cern. Fino alla scorsa primavera, rende noto l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), l’asteroide non aveva un nome, ma soltanto la sigla 29470. Lo scorso 6 aprile il Minor Planet Center dell’Unione Astronomica Internazionale aveva accettato la proposta dello stesso Casulli di dedicare questo asteroide a Higgs. Se per i fisici sono ancora necessari altri dati per confermare pienamente l'ipotesi di Higgs, quelli disponibili erano già sufficienti per ''affidargli'' un “proprio” asteroide. Una notizia che lo stesso Casulli ha comunicato a Higgs la scorsa primavera. L’asteroide Higgs orbita intorno al Sole alla distanza media di circa 2.5 Unità Astronomiche, nella cosiddetta “fascia principale“. Non si conosce ancora il periodo di rotazione, ma Casulli tenterà di calcolarlo nel settembre del 2013.



Fonte: www.meteoweb.eu

martedì 10 luglio 2012

Remota collisione galattica


Gli astronomi hanno scoperto che le stelle a nord e a sud del piano mediano della nostra galassia sono distribuite in modo diverso, suggerendo l’influenza di qualche evento recente. La nostra galassia sta ancora suonando come una campana da una collisione galattica, un incidente che forse si è verificato negli ultimi 100 milioni di anni. La spiegazione più probabile è che una piccola galassia satellite o un grumo di materia oscura, abbia attraversato la Via Lattea, lasciandosi alle spalle gli echi che vediamo. “La nostra parte della Via Lattea suona come una campana,” dice in un comunicato Brian Yanny, del Fermi National Accelerator Laboratory (Fermilab) di Batavia, Illinois. “Non siamo stati in grado di identificare l’oggetto celeste che ha causato questo evento. Avrebbe potuto essere una delle piccole galassie satelliti che si muovono attorno al centro della nostra galassia, o una struttura invisibile, come un alone di materia oscura.” L’onda è stata scoperta grazie ai dati della Sloan Digital Sky Survey, che ha osservato circa 300.000 stelle della nostra galassia. “Abbiamo trovato la prova che la nostra Via Lattea ha avuto un incontro/scontro con una galassia di piccole dimensioni o una massiccia struttura di materia oscura, forse non più tardi di 100 milioni di anni fa“, ha detto Larry Widrow, professore presso la Queen’s University in Canada. “Abbiamo chiaramente osservato le differenze inattese nella distribuzione stellare della Via Lattea sopra e sotto il piano mediano della Galassia che ha l’aspetto di un’onda verticale – qualcosa che nessuno ha mai visto prima.” Circa 60 “galassie nane” sono state scoperte in orbita intorno alla Via Lattea. La teoria suggerisce che molti satelliti invisibili di materia oscura orbitano intorno alla nostra galassia, anche se questi sarebbero solo rilevabili dalla loro forza gravitazionale. E’ probabile che uno di questi abbia sbattuto nella Via Lattea, ma non è certo. “La perturbazione non deve essere stata causata da un singolo evento isolato, in passato, e può anche essere ancora in corso“, ha detto Susan Gardner dell’Università del Kentucky.

Opportunity ci mostra la superficie marziana

Il rover Opportunity su Marte ha trascorso quattro mesi invernali sul suo arroccato versante settentrionale del Greeley Haven, inclinato in modo che i pannelli solari fossero in grado di assorbire la luce del Sole il più possibile. Durante questa sosta invernale ha intrapreso diverse attività scientifiche tra cui scattare oltre 800 immagini dei suoi dintorni, molti dei quali sono stati combinati in questo panorama digitale a 360°, mostrato con colori esagerati per evidenziare caratteristiche superficiali differenti. Appena sotto l’orizzone e a destra del centro, è possibile osservare una parete interna di 20 chilometri del cratere Endeavour. Ora che l’inverno boreale marziano è terminato, Opportunity sta “rotolando” verso Nord. Il rover è impostato per indagare su insolite macchie di colore chiaro sul suolo, in quanto comincerà nuovamente ad esplorare l’interno del cratere che può contenere le più antiche caratteristiche visitate.
Per maggiori informazioni sull'Opportunity-->http://www.nasa.gov/rovers    e    http://marsrovers.jpl.nasa.gov

lunedì 9 luglio 2012

L'esotico sistema stellare

SS 433, il primo microquasar mai identificato. Si trova nella costellazione dell’Aquila, a circa 18.000 anni luce dalla Terra e il nome SS 433 è dedicato ai suoi scopritori: si trattava infatti del 433° oggetto del catalogo delle stelle che emettono lunghezze d’onda caratteristiche nell’idrogeno atomico redatto nel 1977 dagli astronomi Nicholas Sanduleak e Bruce Stephenson del Case Western Reserve. Si tratta di una stella binaria a raggi X, la cui componente primaria è un buco nero o una stella di neutroni, mentre la compagna una stella di classe spettrale A in evoluzione avanzata, che ne fanno il sistema stellare più esotico conosciuto. Emette raggi X e radio-onde, ma il suo spettro ottico di emissione presenta repentini cambiamenti di lunghezza d’onda nell’arco di tredici giorni. Le righe spettrali presentano alternativamente spostamenti verso il blù e verso il rosso a velocità elevatissima, fino a 12 mila Km/s. La materia che viene attirata al centro del buco nero, spiralizzando ad elevatissima velocità, emette infatti nella banda X. SS433 sarebbe quindi il residuo ultimo di una supernova esplosa almeno 10.000 anni fa.

domenica 8 luglio 2012


L’astrofisico Stephen Bradshaw, assieme al suo team internazionale di ricercatori, ha scoperto grazie alle immagini e ai dati provenienti da un telescopio spaziale, cicli di plasma a quasi 2 milioni di gradi che si spostano dalla superficie del Sole a più di 19 Km/s. I cicli, che si trovano nelle regioni attive nei pressi delle macchie solari e guidati dal campo magnetico del Sole, appaiono come archi sopra la nostra stella e potrebbero rappresentare i primi segnali di un’eruzione dove il plasma subisce il “riscaldamento impulsivo”. I ricercatori sperano di capire meglio l'origine dei brillamenti solari e delle espulsioni di massa coronale, le tempeste solari che minacciano i satelliti in orbita e le reti di trasmissione sulla Terra.  Le misurazioni doppler tratte dalle immagini scattate dall'EIS a bordo del satellite solare Hinode, mostrano la prima osservazione di un ciclo caldo in cui il plasma sorge sulla superficie del Sole piuttosto che affondare nuovamente. Bradshaw ha osservato che il sole si sta avvicinando velocemente al suo picco massimo del ciclo undecennale della sua attività, quando cioè, brillamenti ed espulsioni di massa coronale si verificano più frequentemente. 


Un pianeta sta morendo

Un pianeta troppo vicino alla sua stella sta lentamente evaporando a causa dell’altissima temperatura. Probabilmente, scomparirà tra circa 100 milioni di anni.



Kepler continua nel suo grande lavoro e ogni tanto si trova di fronte a situazioni inaspettate. Ciò che dovrebbe vedere, nel caso che un pianeta passi proprio davanti alla stella sotto osservazione, sarebbe una piccolissima perdita di luce periodica, dovuta al transito del pianeta. Questa volta, però, la perdita di luce della stella KIC 12557548, posta a 1500 anni luce da noi, è veramente strana. Una serie di cadute di luminosità di diversa profondità e molto irregolari. Tuttavia, si presentano con innegabile periodicità: ogni 15 ore.


La prima ipotesi è stata quella di un sistema planetario doppio (come Plutone e Caronte o come la Terra e la Luna) che transitasse davanti all’astro con configurazioni mutue sempre diverse. Calcoli al computer hanno, però, scartato questa tesi. 15 ore di periodo implicano una distanza dalla stella troppo piccola per permettere a un simile sistema di sopravvivere. Non vi è abbastanza spazio dinamicamente stabile. Restava solo un’altra ipotesi: una specie di coda di polvere che attraversasse il disco stellare. Una specie di cometa planetaria. In questo caso, l’oggetto in questione non sarebbe più grande di Mercurio e continuerebbe a perdere materia sotto forma di polvere. Essa potrebbe essere dovuta sia a materiale espulso da eventuali vulcani, ma anche e soprattutto -vista la temperatura superiore ai 3000 gradi- all’evaporazione della superficie solida. Le dimensioni delle particelle emesse in questo modo non differirebbero di molto da quelle dovuto allo smog in una città come Los Angeles.

Bisognerà confermare l’ipotesi e stabilire se il pianeta è già nato “morente” o se la sua fine si è innescata a causa di un avvicinamento progressivo dovuto a vari effetti perturbativi.

sabato 7 luglio 2012

Onde di ioni causano problemi alle stazioni radio

La regione solare attiva “AR1515”  sta producendo vari brillamenti di classe C e M. Ogni impulso di raggi X e raggi ultravioletti estremi, crea un’onda di ionizzazione nell’atmosfera terrestre. Questi disturbi improvvisi alla Ionosfera, che sono noti anche come “SID”, modificano la propagazione dei segnali radio intorno alla Terra. Ieri, l’astronomo dilettanteRoberto Battaiola, ha rilevato una serie di questi disturbi da Pantigliate, un comune nei pressi di Milano. Più SID sono alle porte, non appena la regione attiva continuerà a produrre forti eruzioni solari. Le previsioni confermano che potrebbe crearsene uno davvero grande se dovesse verificarsi un brillamento di classe X tra qualche giorno. 

venerdì 6 luglio 2012

Lanciato il Meteosat MSG-3 dell'ESA


Un lancio eccellente, con l'immenso  rombo del potente razzo europeo, e con la lunga scià della coppia di vettori di spinta iniziale a combustibile solido, ha permesso dopo 34 minuti ad Ariane 5 di inserire in un’orbita ellittica detta “di trasferimento” l’ultimo arrivato (nello spazio) delle “sentinelle meteo made in Europe”. Il tutto, sotto l’attento controllo del Centro Esoc di Darmstadt, in Germania. Oltre a Msg 3, dall’ogiva dell’Ariane 5 è stato anche rilasciato il satellite per telecomunicazioni EchoStar 17.
Con un peso di oltre due tonnellate al lancio, il satellite MSG-3 (rinominato Meteosat-10 una volta in orbita), è stato progettato per una vita operativa di sette anni. L’ultimo dei satelliti meteo Esa, è costituito da una struttura principale che si compone di ripetitori e antenne, e dalla piattaforma principale del satellite che include quelli che vengono chiamati sottosistemi, tra i quali quello di potenza, di controllo termico, e il Tt&C (che sta per “Telemetria e Telecomandi”). Dotato di 12 canali di acquisizione immagini, invierà un’immagine aggiornata ogni 15 minuti (rispetto ai 30 minuti dei satelliti di prima generazione), e opererà su 12 bande, dal visibile all’infrarosso, con risoluzioni spaziali da 1 a 3 chilometri.

MSG-3 è stato sviluppato e costruito da Thales Alenia Space, che da circa trent’anni è principale contraente per i satelliti meteorologici europei, e Thales Alenia Space Italia, è stata responsabile per il carico utile di comunicazione, di cui fanno parte antenne e trasponditori e del sistema Tt&C. Dopo la consegna di sette satelliti Meteosat di prima generazione, a metà degli anni novanta, Thales è stata scelta per realizzare anche i quattro satelliti di seconda generazione (Msg). I primi due satelliti Msg sono stati lanciati con successo ad agosto 2002 e a dicembre 2005. Il terzo componente di questa famiglia, lanciato la scorsa notte, è stato posizionato, dall’ultimo stadio dell’Ariane 5, in orbita geostazionaria a circa 36.000 chilometri, a longitudine 0°.

Grazie ai satelliti Meteosat di Seconda Generazione è stato possibile migliorare notevolmente l’analisi dei dati meteorologici in Europa, sin dai primi anni del 2000. Questi satelliti stabilizzati per rotazione (100 giri al minuto), infatti, ritrasmettono immagini ad alta risoluzione di Europa, Nord Atlantico e Africa, a beneficio di meteorologi e servizi meteo in tutto il continente europeo. La tecnologia avanzata che li contraddistingue ha notevolmente migliorato la qualità delle immagini, grazie al maggior numero di canali di osservazione, alle prestazioni radiometriche potenziate. Quest’ultima generazione di satelliti inoltre, punta su una più veloce produzione di immagini per fornire un più rapido e più frequente accesso ai dati da parte dei gestori del servizio; una migliore identificazione delle nuvole e della neve al suolo unita alla capacità di effettuare una analisi dell’atmosfera in modo da determinare con una certa accuratezza temperatura e umidità relativa.
Tutte queste informazioni, centralizzate ed elaborate, permettono agli studiosi di ricavare modelli matematici dell’atmosfera terrestre e rendono possibili previsioni atmosferiche a lungo termine sempre più accurate. “Inoltre, i nuovi Meteosat permettono di trarre benefici in tutte quelle attività che, in qualche misura, risentono dei fenomeni meteorologici: agricoltura, oceanografia, idrologia, ingegneria civile, traffico aereo” – precisano in una nota i responsabili della missione di Thales Alenia Space – “ e quest’ultima generazione di satelliti punta su una più veloce produzione di immagini per fornire un più rapido e più frequente accesso ai dati da parte dei gestori del servizio; una migliore identificazione delle nuvole e della neve al suolo unita alla capacità di effettuare un’ analisi dell’atmosfera in modo da determinare con una certa accuratezza temperatura e umidità relativa”.



giovedì 5 luglio 2012

Curiosity non atterrerà su Nili Fossae

C'è una recente immagine dell'MRO della Nili Fossae che suggerisce di non far atterrare il ''Curiosity'' su quel tratto marziano, dopo che era stato designato come zona di atterraggio dello stesso.




L’immagine è  stata realizzata il 15 Marzo 2012 dalla camera HIRISE della missione Mars Reconnaissance Orbiter della NASA.  Il Nord è verso l’alto ed è inquadrata una zona della superficie del pianeta chiamata Nili Fossae. Essa è una enorme frattura della superficie del pianeta larga circa 25 Km. La sua formazione è stata causata dall’impatto dell’enorme meteorite che ha creato l’Isidis Basin a est, uno dei 4 più grandi crateri da impatto di Marte. L’evento ha causato la deformazione della superficie del pianeta e dato vita a una regione in cui è visibile una grande varietà di minerali argillosi esposti in superficie. Questi depositi sono particolarmente interessanti. La loro struttura chimica contiene acqua e quindi può preservare tracce di materiale organico (cioè contenente carbonio). Nella zona sono anche presenti evidenti tracce del materiale vulcanico che ha in parte riempito la frattura formata dall’impatto.
Per tutte queste ragioni, la zona della Nili Fossae è stata a lungo tra i possibili luoghi prescelti per l’atterraggio di Curiosity, il rover a bordo della missione MSL che arriverà in questi giorni sulla superficie di Marte. Una possibilità presa in considerazione per il suo interesse scientifico, ma purtroppo scartata per cause di forza maggiore. La Nili Fossae è risultata troppo impervia e rischiosa per l’atterraggio di una sonda. Per vedere altre immagini della Nili Fossae andare al sito:  http://www.nasa.gov/mission_pages/msl/index.html

La nuova particella del CERN

I dati degli esperimenti CMS e ATLAS, presentati a Ginevra, parlano di una nuova particella compatibile con il bosone di Higgs. E’ il coronamento di oltre venti anni di lavoro e ricerca, consistente quello italiano. Ma sulla nuova particella resta ancora molto da capire e scoprire.



Quando è arrivata alla slide in cui compariva per la prima volta la fatidica cifra “5 sigma” (il livello di confidenza statistica che permette ai fisici di parlare di una scoperta, e non solo di un’evidenza interessante), Fabiola Gianotti ha dovuto fermarsi, sovrastata da un applauso incessante. Poi ha chiesto al pubblico di avere ancora un po’ di pazienza, “be patient”, prima di festeggiare, e ha finito di illustrare i dati raccolti nel 2012 da ATLAS, uno dei due esperimenti sull’acceleratore Large Hadron Collider (LHC) che cercano il bosone di Higgs, la particella fondamentale per completare il modello standard della fisica. Prima di lei John Incandela, aveva fatto lo stesso per i propri dati, anch’egli salutato da un lungo applauso, perché i risultati erano altrettanto confortanti. I dati sono ancora ''piccoli'' per entrambi gli esperimenti, che continueranno a lavorare faticando per tutto l’anno. Ma messi insieme, sono abbastanza per parlare di un epic win, che apre una nuova storia nella fisica.
Entrambi gli esperimenti hanno scovato una nuova particella, della massa di 125-126 GeV, ed entrambi con un livello di confidenza statistica più che rassicurante. È sicuramente un bosone, ovvero appartiene alla classe di particelle che comandano le forze fondamentali. La formula ufficiale usata dal CERN è “una nuova particella compatibile con il bosone di Higgs”. Conoscere meglio le proprietà di questa nuova particella e chiudere davvero le faccende con il Modello Standard sarà il lavoro quantomeno dei due esperimenti per il resto dell’anno, e poi della fisica delle particelle dei prossimi. In ogni caso, “è difficile non sentirsi eccitati per questi risultati” ha commentato il direttore della ricera del CERN Sergio Bertolucci. “Lo scorso anno avevamo annunciato che nel 2012 avremmo trovato una particella simile a Higgs o l’avremmo esclusa definitivamente. Con tutte le cautele del caso, mi pare che siamo a un punto di svolta: l’osservazione di questa nuova particella indica il cammino futuro verso una comprensione più dettagliata di quello che vediamo nei dati”.

Cielo del mese-Luglio

Terra in afelio_ Il 4 luglio la Terra, alle 18:10 si troverà nel punto di massima distanza dal Sole. In genere si pensa che la Terra quando è estate e quindi nel periodo più caldo dell'anno si trovi più vicino al Sole (in effetti sembra così), ma è esattamente il contrario.

Sui libri di scuola infatti è spiegato che è l'angolo di incidenza dei raggi solari a determinare la temperatura, non la vicinanza alla stella.


Sole_ Si trova nei Gemelli per poi passare dal 21 nel Cancro.

1 luglio_ sorge alle 05:39, tramonta alle 20:49

15 luglio_ sorge alle 05:48, tramonta alle 20:44

31 luglio_ sorge alle 06:03, tramonta alle 20:29



Luna_Luna Piena il 3 (ore 18:53)_ Ultimo Quarto il 11 (ore 01:53)_ Luna Nuova il 19 (ore 04:28)_ Primo Quarto il 26 (ore 08:56). Il primo luglio si troverà in perigeo, invece il 13 luglio sarà in apogeo, ossia il punto di massima distanza dalla Terra. Il 29 tornerà in perigeo.


1 luglio_ tramonta alle 03:10 , sorge alle 18:34

15 luglio_ sorge alle 02:33, tramonta alle 17:46

31 luglio_ tramonta alle 04:04 , sorge alle 19:06
Pianeti_Mercurio_ Giugno è stato caratterizzato dal miglior periodo di osservabilità serale del pianeta. L’inizio di luglio vede le fasi finali di questo periodo. Da segnalare la massima elongazione serale raggiunta proprio il giorno 1 luglio, con Mercurio a 25° 44’ di distanza angolare dal Sole. Nei giorni successivi l’altezza sull’orizzonte diminuisce sensibilmente, rendendo difficle l’individuazione del pianeta. Nella seconda parte del mese Mercurio diventa del tutto inosservabile; la congiunzione con il Sole si verifica il 28 luglio.
_Venere_ Il luminosissimo pianeta è maestoso nel cielo pre-alba.. L’elevazione di Venere sull’orizzonte orientale cresce velocemente facendo guadagnare al pianeta un ulteriore incremento di oltre un’ora di osservabilità. Complessivamente a fine mese Venere rimane osservabile per oltre 3 ore prima del sorgere del Sole. Anche per tutto il mese di luglio Venere rimane nella costellazione del Toro, dove si allontana dalla stella Aldebaran avvicinandosi ai limiti con le costellazioni di Orione e dei Gemelli.
_Marte_ Prosegue a ridursi l’intervallo di osservabilità del pianeta rosso, ormai limitato alle prime ore della notte. Al calare dell’oscurità Marte è osservabile a Sud-Ovest, dove lo si può seguire fino al suo tramonto. A fine mese possiamo ancora individuarlo al crepuscolo, ma poco dopo le 23 è già tramontato. Da notare il graduale avvicinamento a Saturno, nella costellazione della Vergine.
_Giove_ Al mattino, intorno alle 3, lo si può scorgere sull’orizzonte orientale. Con il passare delle ore si eleva sempre più e lo si può osservare alto in cielo ad Est fino al sorgere del Sole. Giove si mantiene costantemente più alto sull’orizzonte rispetto a Venere. Sempre degni di nota i 4 satelliti galileiani (Io,EuropaGanimede e Callisto). Il pianeta si trova nella costellazione del Toro, tra la stella Aldebaran e le Pleiadi.
_Saturno_ Le condizioni di osservabilità del pianeta con gli anelli sono praticamente identiche a quelle di Marte. Quest’ultimo infatti si sta avvicinando a Sturno, con il quale nel corso del mese di agosto giungerà alla congiunzione. Marte e Saturno sono entrambi nella costellazione della Vergine. Lo spostamento di Saturno è quasi impercettibile, lo possiamo sempre individuare poco più in alto rispetto alla stella doppia Spica.
_Urano_ E' osservabile nel corso della seconda parte della notte sull’orizzonte orientale. Prima del sorgere del Sole è possibile individuarlo alto in cielo a Sud Est, ma dato che la sua luminosità è al limite della visibilità ad occhio nudo per poterlo osservare è consigliabile l’uso di un telescopio. Il pianeta ha lasciato temporaneamente le tradizionali costellazioni della fascia zodiacale e trascorrerà alcuni mesi nella costellazione della Balena.
_Nettuno_ Il pianeta è osservabile per tutta la seconda parte della notte. Continua a crescere il periodo di osservabilità, per cui dopo la mezzanotte è già individuabile ad Est e prima del sorgere del Sole raggiunge la culminazione a Sud. Per osservare il pianeta è però necessario l’ausilio di un telescopio, essendo la sua luminosità inferiore alla soglia della capacità di percezione ad occhio nudo. Nettuno si trova nella costellazione dell’Acquario, dove è destinato a rimanere ancora per molti anni, fino all’anno 2022.
_Congiunzioni_ Al termine dell’occultazione di Giove da parte della Luna , si potrà attendere il sorgere del Sole ammirando il susseguirsi di astri luminosi che uno dopo l’altro sono sorti ad Est. Dall’alto in basso, le Pleiadi, seguite da Giove appena riemerso da dietro la Luna; più in basso Aldebaran, la stella più luminosa del Toro, e, infine, il luce di Venere.

mercoledì 4 luglio 2012

Occultazione di Giove

Occultazione di Giove 


Chi pensa che con il transito di Venere sul Sole il 2012 abbia già dato tutto, si sbaglia. A luglio accadrà un altro evento bello ed importante: l'occultazione di Giove da parte della Luna. 
L'evento inizia per le ore 3 (di mattina) della notte tra il 14 e il 15 di luglio, quindi alle 3 del 15. Si avrà una Luna in una fase calante che mostrerà una sua metà; il fenomeno si mostrerà sul versante est e sarà visibile in tutta l'ITALIA. I due astri saranno molto molto bassi sull'orizzonte, e per chi abita in una città di mare per una ottimale osservazione sarà meglio andare sulla spiaggia per avere un campo di quasi 360°.


L'osservazione migliore si effettua con  un telescopio, ma anche ad occhio nudo si vede lo stesso. Mmm non vedo l'ora, mettete sveglie o quant'altro se volete dormire 2 ore! Personalmente, credo che farò nottata senza dormire! Non rimane che aspettare!